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Shahrazād e la sega infinita


di Membro VIP di Annunci69.it single80fe
14.03.2020    |    5.636    |    1 8.6
"Poche parole, mi ha chiesto di aspettarla seduto..."
15 anni.
15 anni che la aspetto.

Mi sono rivelato nel modo peggiore, con un messaggio. Lungo, articolato, complesso, ricco di fantasie accennate.

Lo ha letto.

Ha aspettato.

Mi ha chiamato. Poche parole, mi ha chiesto di aspettarla seduto. Che mi avrebbe mandato un messaggio poco prima di arrivare.

Che avrei dovuto sedermi su una sedia, dopo averle aperto la porta. E che avrei dovuto aspettare.

Non l’avevo mai sentita così.

“Ah” aveva concluso la telefonata “da oggi in poi chiamami Shahrazad, Shara, se se vorrai”.

Detto fatto, la giornata di lavoro passa, torno a casa, bevo una birra ghiacciata. La aspetto. Il messaggio arriva poco dopo: “Apri”.

Apro.

Mi siedo. La aspetto. Passeranno circa 10 minuti, ho il cuore in gola.

Entra, mi guarda. Capelli biondi sciolti, occhi nocciola che brillano, una magrezza forte, nervosa. Poco seno, un culo perfetto. Il vestito è candido, corto, stretto. Il tessuto rivela i capezzoli. E’ entrata a piedi nudi, un foulard al collo.

“15 anni ci hai messo, per dirmi che volevi scoparmi”. E’ dura, decisa, ha un velo di sorriso compiaciuto sul volto, non riesco a capire quanto stia giocando.

“Veramente è un po’ più complesso...” “Quando hai pensato di potermi interrompere?” mi dice guardandomi fisso negli occhi, e io ci leggo dentro il fuoco, come faccio da anni.

“Visto che hai avuto la maleducazione di buttarmi addosso tutte le tue frustrazioni” e mentre mi parla si sfila il foulard, si avvicina, resto fermo, e mi lega i polsi dietro alla sedia, dopo aver avuto cura di sbottonare la camicia “stasera decido io cosa puoi e non puoi fare, e quando”.

“Ti basta così poco per eccitarti?” Lo ha visto, è bastato il suo gesto e il suo profumo per eccitarmi. Ho l’uccello che si ingrossa a vista d’occhio nel pantaloni eleganti.

Mi sfila le scarpe, lentamente. “Hai detto che vuoi una schiava e una padrona” e sfila il calzino “vuoi una gattina che ti accudisca” e mentre lo fa lecca l’alluce e lo prende in bocca “una puttana di Babilonia” la mano scivola sul pantalone, mentre prende in bocca quasi tutte le dita del piede “e una troia che ti faccia morire di attesa” mi sfiora appena il tessuto che copre la cappella, sento il cazzo pulsare mentre lei torna a togliermi l’ultimo calzino, e si rimette in piedi.

“15 anni che mi aspetti, eh?” Fa la smorfiosa. “E mi hai scritto delle tue fantasie, in dettaglio. Si alza un poco il vestito mentre mi parla, a rivelarmi cosce abbronzate, sode, atletiche. La adoro.

“Si, Shara, sì” quasi mugolo, già. Alza il piede e tocca il mio, e inizia a risalire con la punta dell’alluce sul pantalone, sulla coscia, appoggia il piede sul gonfiore dei pantaloni e schiaccia un poco. “Sei eccitato, M.” Una constatazione. “Sì, Shara, sei tu”.

Si allontana, mi guarda. “Ti eccito come tutte le troie che ti sei portato a letto in questi anni. C’ero, ti ricordi?”.

Siamo, o meglio, eravamo, forse, amici.

“Le ho chiavate per bene eh”. “Ero gelosa, sai? Non perché voglia scoparti, non voglio farlo” E nel mentre si sta sfilando il vestito. “Anche se, devo ammetterlo” resta completamente nuda. E’ la prima volta che la vedo così. Il cazzo pulsa, ora, completamente eretto, scoperto dentro ai pantaloni che ho indossato senza boxer.

“Lo sapevo che eri un porco, sai?” Mi dice, canzonatoria “Li ricordo i tuoi racconti, porco”. Si avvicina, lentissima, Femme Fatale dei Velvet Undergound dallo stereo.

Sento il profumo del suo collo, mentre scende su di me. All’estremo del mio autocontrollo, resto fermo, mi godi l’odore sentito così spesso e finalmente vicino, vicinissimo.

“Vedi, M., la prima volta che ho letto le tue innumerevoli parole, un mese fa, sono rimasta shockata. Il mio amico, il mio fratello maggiore, porco sì, ma casto, almeno con me”.

Mi guarda negli occhi mentre mi parla, mentre apre la cintura con forza, sbottona il pantalone e al primo accenno nel calare la zip il cazzo sbuca con forza, quasi sbattendole sul viso.

“Mi aspettavi?” Cazzo, sì che ti aspettavo. Ho i nervi tesi, mentre lei usa la cintura per legarmi le caviglie alla sedia.

Si alza in piedi, davanti a me, completamente legato, mi sbottona la camicia: “La prima volta, ti dicevo, ho provato una sorta di raccapriccio” le sue cosce sfiorano il mio uccello durissimo “ma le ho lette e rilette. Lo sai che ti voglio bene” e il suo viso è vicinissimo al mio cazzo, ma si sta ancora rialzando e allontanando “ma via via che leggevo di ciò che ti piace, di quello che vuoi farmi, iniziavo a fantasticare, sentivo le tue fantasie” si avvicina, lei in piedi, io seduto, la sua figa depilata, liscia, gonfia, profumata sempre più vicina, la sua mano scende sulla pancia, scivola verso il basso “e mi sono toccata” si sta sfiorando appena la clitoride con i polpastrelli, vicinissima al mio viso, ma non posso allungare la lingua, non ci arriverei sarebbe il suo gioco.

Si allontana di colpo, senza smettere di toccarsi “si, porco, mi hai fatto godere molte notti, con le tue parole”

Mi guarda, si lecca le dita, e si penetra, in piedi, di fronte a me, con indice e medio, improvvisamente. Inarca la schiena a fa partire un gemito, a mio pieno beneficio. Il cazzo trema e si gonfia ancor di più, se possibile.

“Sono fradicia, porco. E gelosa: hai capito di amare le parole quando hai sborrato sulla schiena di una estranea?” Si riferisce al mio interminabile messaggio, mentre si mette a quattro zampe e si avvicina, lentissima, sensuale, a me.

“Sì, sono gelosa, e amo i brutti giochi di parole” la sua lingua percorre il frenulo così lentamente che potrei sborrarle lì, così, in bocca, mentre guardo il culo emergere dalla sua posizione e la schiena tatuata, me la mostra completamente nuda ora, per la prima volta, nel momento esatto in cui la lingua mi tocca l’uccello. “Sono golosa, anche”.

Sa che aspetto quel momento da 15 anni. E di poterle vedere quel drago eccitato sulla pelle nuda da tempo. Troppo.

Ora prende un cuscino, si mette comoda a terra. Il viso appoggiato ad una coscia, la mano prima a bagnarsi di umori tra le cosce e poi a stringermi appena la base del cazzo, separandola dalle palle con la mano, tra pollice e medio. Il sangue scorre prepotente, ora, lo sente sulle dita. Mi sta bagnando, dei suoi umori.

“Bene, M. Ora io inizierò a masturbarti con una lentezza che ti farà morire, e tu mi racconterai una storia. Se riuscirai a farmi felice, eccitata, soddisfatta del racconto, continuerò e te ne racconterò una io, senza smettere di masturbarti. Ora che finalmente lo vedo” e lo guarda “lo tocco” e me lo avvolge completamente con la mano, senza muoverlo “lo lecco” e fa scorrere la lingua lentissima su tutta la cappella, senza trascurarne un millimetro “mi eccita da morire. Porco, hai pure un bel cazzo”. Sono moine, parla come una gatta.

“Mi hai scritto che ti masturbi pensandomi, M. Ora, mentre inizio a muovere pianissimo la mia mano sulla cappella, mentre inizio a picchiettare le mie dita su frenulo e glande, raccontami di una volta in cui hai goduto tanto pensando a me. Ti accorgerai se mi piace o no”.

La mia voglia di sborrarle addosso è già incontenibile. Mettetevi nei miei panni. L’ho amata e sognata, e ora è qui, a realizzare una fantasia che ha colto, capito, interpretato e fatto sua, riversandomi addosso ogni umore dal suo cervello al suo corpo.

“Bene, Sahrazade, anche se era l’ancella a raccontare”. Mi stritola il cazzo di colpo, per l’impertinenza, le sorrido, mi sorride, è un momento tenero, prima che ricominci la sua tortura.

“Ok, ok, mi farai morire, Shara, ma te la racconto. Negli ultimi 6 mesi non riuscivo a pensare ad altro che a te, al momento in cui godi, a come ti avrei fatto godere, a come fotterti stomaco, testa, figa, culo, mani, piedi, tette, bocca, gola. A come usarti e farmi usare”.

Lo sento, si sta eccitando, come me, sempre di più.

Forse è davvero la troia che sognavo per il porco che sono.

“Quindi la mattina mi sveglio arrapato, come un maiale, con il cazzo duro”. Faccio un pausa, gemo perché sta leccando il frenulo, picchia sopra la lingua, mi bagna il cazzo con un fiume di saliva per poterlo mastubare meglio, e farmi godere di più. Dio quanto sono vicino a sborrare. “Chi ti ha detto di fermarmi?” mi dice, e per incoraggiarmi inizia a masturbarsi, e porta le dita bagnate alle mie labbra “Dai, so che muori dalla voglia di assaggiarmi. E di sentire quanto mi piace la tua storia. Leccherai le dita ora e se sarai bravo, ti sfamerai di me, poi”.

Non me lo faccio ripetere. Adoro già il suo sapore. Dolce con una punta agra, il sapore di figa che mi fa deglutire.

Mi toglie le dita, con mio disappunto, ma ricomincia a masturbarsi con un gemito, allo stesso ritmo della sua mano sul mio uccello, che inizia quasi a fare male, tanto vuole esplodere.

“Quindi una mattina mi sono svegliato, a volte, sai, mi guardo un porno per essere in grado di andare al lavoro, sdraiato sul divano. Una sega veloce, funzionale.
Ma quella mattina, appena sveglio, ancora frastornato dalla serata precedente, non riuscivo ad accontentarmi. Mi sembrava di impazzire. Mi sono alzato dal divano, col cazzo durissimo. Seduto a cavalcioni sul bidet, nel tentativo di freddarlo con l’acqua. Ma poi ho sentito la tua voce, dietro di me. Ti sentivo, come ti sento ora”. Accelera impercettibilmente, geme, quasi gode a pensare alla mia fantasia. “Mi dicevi che non potevo proprio andare al lavoro così, che non era giusto avere la sborra nel cervello, che potevi aiutarmi. A patto che non mi fossi girato. Che potevo fare? Avevo il cazzo così duro che se avessi pisciato lo avrei fatto nella mia bocca. Ho iniziato a toccarmi con l’acqua che scorreva, pensando al tuo corpo appoggiato alla mia schiena”.

“Ah sì, e io che facevo?” Ormai fatica a contenere i gemiti nella sua parlata. Ho l’impressione che Sharazade goda molto, moltissimo, delle mie parole.

“Mi hai mastubato, parlando all’orecchio. Avevo gli occhi chiusi, la mia mano era la tua. Mi dicevi che vuoi schiacciare la testa di una ragazzina sul mio cazzo, fino alla gola, mentre le spieghi come si succhia il cazzo del tuo signore, che vuoi mastubare dieci cazzi al glory hole, rovinando a tutti l’orgasmo abbandonando il cazzo nel momento dello schizzo, lasciandoli appesi ai tuoi vizi, e acceleravi il movimento della mano, così veloce tanto quanto sei lenta ora. Devi andare al lavoro, mi dicevi, devi sborrare presto, mi sussurravi leccandomi dietro all’orecchio.”

“E poi?” Non ha quasi più contegno, è impegnata a non farmi godere, ma l’altra mano è veloce sulla figa, velocissima, ormai, tanto che immagino che possa godere e schizzare da un momento all’altro, mentre trattiene gemiti e grida per farmi parlare.

“Stai per godere, vero?” Le dico mugolando per il suo movimento incessante “Mi fermerò in tempo, come piace a te, porco. Finisci il racconto”

“Cosa vuoi che finisca? Pensare alle tue parole e alla tua mano frenetica. Ho schizzato violentemente in alto e verso il muro, lo sperma poco dopo colava dappertutto, e ti ho immaginata continuare a strapparmi sborra dal cazzo per qualche minuto. Poi, senza consentirmi di guardarti, mi hai fatto sentire come leccavi e mangiavi i residui dalla tua mano. E mi hai detto: ora puoi andare al lavoro, forza.”

E’ al limite dell’orgasmo, come lo sono io. La cappella è imperlata di umori mischiati della sua figa, della sua saliva, del liquido che il mio cazzo inizia a perdere. Già e lentissima e rallenta fino a fermarmi.

“Ora è il mio turno di raccontare” dice sospirando “sono vicinissima a godere gridare, lo sai, come te, al primo, nostro, orgasmo, insieme. Ora la storia la racconto io, andiamo a letto, il mio corpo è tuo. Scegli cosa vuoi farmi”.
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